Ryanair nel 2018 è diventata il decimo più grande inquinatore dell’Unione europea. I suoi 435 aerei effettuano circa 2.400 voli al giorno e hanno riversato nell’atmosfera quasi 9.9 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Il dato è evidenziato da uno studio elaborato per conto della Commissione europea da Transport & Environment (T&E), un gruppo di ricerca specializzato in mobilità e ambiente. Nella top ten dei grandi inquinatori europei, davanti a Ryanair, tutti gli altri sono centrali elettriche alimentate a carbone, una polacca, sette tedesche e una bulgara. Una situazione che ha fatto definire Ryanair come il nuovo ‘carbone’ da parte di Andrew Murphy, manager del settore aviazione di T&E.
Il problema non è Ryanair, spiega una nota di T&E, ma rispecchia l’incapacità dell’Unione europea di attuare misure efficaci per frenare la crescita incontrollata delle emissioni del trasporto aereo. I vettori infatti non pagano tasse sul carburante né l’Iva sui biglietti e hanno limiti inferiori nell’acquisto di quote di emissione. Le emissioni di CO2 delle compagnie aeree sono cresciute del 4,9 per cento lo scorso anno, a differenza degli altri settori, che sono complessivamente diminuiti del 3,9 per cento. L’inquinamento da anidride carbonica causato dai voli in Europa è aumentato del 26,3 per cento negli ultimi cinque anni, superando di gran lunga qualsiasi altra modalità di trasporto.
Le compagnie low cost Jet2, Wizz Air, EasyJet, Vueling e Norwegian, oltre alle compagnie di bandiera TAP, Finnair e Lufthansa hanno tutte aumentato le loro emissioni di carbonio rispetto all’anno precedente più di Ryanair.
Le emissioni dei voli all’interno dell’Europa rappresentano solo il 40 per cento del problema, il restante 60 per cento proviene da voli verso destinazioni extraeuropee e questi sono completamente non regolamentati.
“Questa tendenza proseguirà”, afferma Murphy, “fino a quando l’Ue si renderà conto della necessità di allineare il trasporto aereo agli altri settori, cominciando a mettere una tassa sul cherosene e introdurre di obblighi che costringano le compagnie aeree a passare a carburanti a emissioni zero”.
Secondo T&E non sorprende che il trasporto meno tassato sia quello con la più rapida crescita di emissioni. Il taglio radicale delle emissioni aeronautiche e l’applicazione dell’Iva sui biglietti come avviene in tutte le altre aziende di trasporto, spingerebbe i vettori a utilizzare il cherosene sintetico, prodotto da elettricità rinnovabile e il carbonio catturato dall’aria.
Per garantirsi il diritto di produrre emissioni, le compagnie aeeree europee pagano complessivamente circa 800 milioni di euro l’anno. Tuttavia, uno studio del centro di ricerca olandese CE DELFT nel 2013 calcolava che l’assenza di esenzioni costerebbe 7 miliardi di euro l’anno di Iva e 20 miliardi l’anno di accise sui carburanti. Cifra sufficiente a mettere a terra l’intera flotta europea e ovviamente solo ipotetica, poiché con un simile incremento dei costi nessuna compagnia aerea troverebbe un numero sufficiente di passeggeri disponibili a utilizzare l’aereo.
Inoltre, i regolatori dell’aviazione sottostimano costantemente l’entità della crescita delle emissioni nelle loro previsioni di pianificazione. L’Agenzia europea per la sicurezza aerea (EASA) ha previsto un aumento del 3,3 per cento delle emissioni di carbonio sui voli all’interno dell’Europa lo scorso anno, ma i dati ufficiali mostrano una crescita del 4,9 per cento – ovvero 1,1 milioni di tonnellate di CO2 in più del previsto.
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