Il dibattito sul tema delle grandi navi nella laguna di Venezia ha assunto una piega insolita e pericolosa, soprattutto dopo il naufragio della Costa Concordia il 13 gennaio 2012. E’ comprensibile che l’impatto emotivo possa condizionare le valutazioni di chi non conosce l’argomento in tutti i suoi dettagli. Tuttavia, è preoccupante osservare autorevoli rappresentanti delle istituzioni paventare il blocco immediato, attraverso provvedimenti e ordinanze, del transito delle grandi navi da crociera.
L’incremento della crocieristica a Venezia è un dato di fatto, ma rappresenta marginalmente un problema di inquinamento e non può essere associato in nessun modo a questioni di sicurezza.
Che il naufragio della Concordia non sia un incidente, ma semplicemente la deliberata intenzione del comando dell’unità di portare la nave contro lo scoglio, lo dicono i dati divulgati da CLIA (Cruise Lines International Association) e da ECC (European Cruise Council).
Secondo i dati di CLIA, nel decennio 2002-2013 quasi 200 milioni di crocieristi hanno navigato nei mari di tutto il mondo e solo 48 persone sono occorse in incidenti mortali (comprendendo anche chi si è lanciato volontariamente fuori bordo o ha subito incidenti all’interno delle aree portuali). Il tasso di mortalità è dunque 0,24 per milione, una percentuale inarrivabile se prendiamo in considerazione qualsiasi altro mezzo di trasporto.
Eppure, dal naufragio della Concordia in poi, a Venezia si è saldato il fronte dei comitati contrari alle Grandi Navi, quelli antisistema e quelli alternativi. Insieme, sono riusciti ad avere un’ampia visibilità mediatica locale, nazionale e internazionale, spesso sostenendo argomentazioni non suffragate dai dati. I comitati sollevano due questioni: una relativa alla sicurezza e l’altra all’inquinamento. Nelle diverse fotografie pubblicate sulla stampa e on line prodotte dai contrari alla navigazione delle grandi navi in laguna, le immagini delle navi da crociera appaiono forzatamente in contrasto con l’area monumentale della città storica, quasi a suggerire gli effetti devastanti che avrebbe un impatto delle navi con le rive. Rispetto all’inquinamento, il fronte No grandi navi, evoca lo spettro delle polveri sottili e dello smog causato dalle navi da crociera.
A Venezia in questi anni si è lavorato tantissimo sulla sicurezza. Le navi entrano nella bocca di porto di Lido assistite da due rimorchiatori. A bordo salgono due piloti locali addestrati a operare in ogni condizione atmosferica che conducono la nave fino alla sua destinazione, la stazione marittima. Le navi vengono seguite con i sistemi Global Positioning System e hanno eco-scandagli plotter che offrono ai piloti le condizioni del fondale (che a Venezia non è roccioso) e della profondità. Proprio la conformazione dei canali in cui sono obbligate a navigare annulla il rischio di impatto tra le navi da crociera e la città. La laguna è infatti caratterizzata da fondali bassi e la navigazione per tutte le imbarcazioni avviene attraverso canali predefiniti. Se una nave con pescaggio di circa 8 metri dovesse uscire accidentalmente da tali sentieri predefiniti, si arenerebbe ben prima di toccare una qualsiasi delle rive di Venezia.
Se l’argomento sicurezza è inesistente, fragile lo è anche quello dell’inquinamento. Il Venice Blue Flag – concordato tra Autorità Portuale e Capitaneria di Porto – impone alle grandi navi di entrare nei porti alimentate da combustibile a basso contenuto di zolfo (pari allo 0,1%) che ha un bassissimo impatto in termini di produzione di sostanze inquinanti.
Stranamente, non vengono presi in considerazione gli studi secondo cui l’inquinamento da polveri sottili in laguna è causato principalmente dalle limitrofe città di Padova e Mestre a causa della disposizione dei venti della pianura Padana. Enfatizzati e in parte distorti i risultati dello studio APICE del 2011 sull’inquinamento causato dal traffico marittimo che imputano alla crocieristica una responsabilità pari al 12% dell’inquinamento totale. Anche ammettendo che l’inquinamento della laguna fosse generato dalle navi da crociera e non da quelle mercantili, o dal traffico nautico ordinario, che da tempo immemore solca le acque lagunari, la soluzione non sarebbe certo quella di spostare l’approdo e di conseguenza inquinare, a Pellestrina o a Marghera. Singolare, infine che non venga fatto cenno al Petrolchimico e a tutta l’area industriale di Marghera che forse ha qualche responsabilità in più delle navi da crociera nella produzione di polveri sottili e agenti inquinanti.
Il contributo all’economia della città del settore crocieristico è stato in questi anni di fondamentale importanza. Intorno a questo filone sono cresciute professioni tradizionali e ne sono nate di nuove. Attraverso gli investimenti della VTP e dell’Autorità Portuale è stata riqualificata la Stazione Marittima, una parte della città che oggi oltre che accogliere i passeggeri sta sviluppando una vocazione fieristica. Si stima che la crocieristica nel suo insieme offra opportunità di lavoro a non meno di cinquemila persone. Inoltre è un settore che non sente la crisi, visto l’aumento costante del traffico e del numero di arrivi che ha toccato quasi 1,8 milioni di passeggeri nel 2013.
Va ricordato, infine, che i 213 traghetti che oggi collegano Venezia alla Grecia e che attraccano ancora alla stazione Marittima sono stati spostati da aprile 2014 nel nuovo terminal traghetti di Fusina. Ciò significa che già da quest’anno vi sono stati circa 430 transiti in meno di navi attraverso il bacino San Marco.
E’ perciò fuori luogo pensare che provvedimenti e ordinanze possano determinare uno stop immediato alle grandi navi, soprattutto se basati sull’onda dell’emotività. Ha senso invece verificare fino in fondo l’ipotesi del presidente del porto, Paolo Costa, che prevede la realizzazione di un nuovo canale che avrebbe il vantaggio di dimezzare il numero dei passaggi nel bacino San Marco e nel canale della Giudecca, attraverso una sorta di senso unico.
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