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  • Immagine del redattoreStefano Campolo

Autostrade venete, un dedalo di inefficienza

Aggiornamento: 31 gen 2021


Concessioni lunghe, concessioni corte, proroghe inusuali, regalie. Il sistema autostradale veneto si presenta come un puzzle i cui pezzi non si combinano. L’unica certezza è che tutti i costi del dedalo amministrativo e legislativo si scaricano sugli utenti, cioè su famiglie e imprese, sotto forma di pedaggi. Di fatto, è una vera e propria tassa occulta che pesa non solo sui Veneti ma su tutti coloro che hanno anche solo la ventura di attraversare la nostra regione.


Da questo dedalo si esce solo azzerando tutte le concessioni in atto e introducendo l’unico sistema che garantisce il miglior rapporto tra servizio reso e prezzo pagato. Cioè la concorrenza. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti deve organizzare delle gare a evidenza pubblica a cui possano partecipare i potenziali gestori, per lo meno a livello europeo. Invece, sta facendo esattamente l’opposto.


Bisogna sottolineare due cose, una generale e una di dettaglio per il Veneto. La prima: per avere un mercato efficiente e una reale competizione, le concessioni devono essere relativamente brevi, diciamo 10 anni. Invece, nel 2007 il governo ha esteso il tempo delle concessioni da un massimo di 30 anni a un massimo di 50 anni. Affidando la concessione per cinquanta anni si taglia via la concorrenza e si lascia tutto lo spazio per una gestione “contrattata” tra regolatore e concessionario. Chi può dire oggi come si evolverà, nell’arco dei prossimi cinquanta anni, il traffico, la tecnologia, il fabbisogno di investimenti su questa tratta? Tutte materie che dovranno di volta in volta essere decise per via amministrativa, lasciando quindi un enorme potere discrezionale al regolatore cui forse non dispiace restare esposto per tanto tempo al rischio di essere “catturato” dal concessionario a cui chiede in cambio continui adeguamenti del canone di concessione, come ha fatto dal 2006 a oggi.


Questo è un sistema congegnato per condizionare la politica. Un sistema i cui attori sono abituati a contrattare, negoziare e mercanteggiare in un traffico continuo di favori in cambio di potere. Non sorprende che tale ordinamento delle concessioni lasci ampi spazi alle clientele, non sia immune alla corruzione e riconosca nella competizione per il mercato il principale nemico da sconfiggere.


Per l’autostrada Brescia-Padova la proroga della concessione al 2026 è stata giustificata dalla decisione di costruire nuove tratte (nello specifico la Valdastico A31) che erano previste nelle concessioni originarie, risalenti agli anni Settanta, peraltro “assegnate” allora senza gara e senza corrispettivo. Bisogna sapere che nel frattempo con la sentenza della Corte Costituzionale del 21 febbraio 2011 si è ribadito che qualsiasi opera, atto o progetto dell’arteria non possa essere realizzato senza la preventiva intesa con la provincia autonoma di Trento. Ciò in rispetto dovuto allo Statuto Regionale del Trentino-Alto Adige e alle sue norme di attuazione. E’ facile immaginare le conseguenze.


Per quanto riguarda la Mestre-Padova Est, la concessione è stata prorogata di 23 anni nel 2008 affidandola al Cav, la società partecipata a metà da Anas e dalla Regione Veneto che gestisce anche il Passante di Mestre e la tangenziale. Nel dicembre 2009, quando Cav è subentrata a Società Autostrade della Serenissima Spa ha versato a quest’ultima 70 milioni di euro per non meglio precisate migliorie. Perché, se si trattava di soldi sostanzialmente non dovuti? E perché continuano a essere soci le Camere di Commercio di Venezia e Padova e l’Autorità portuale di Venezia, accanto a Gavio e Mantovani, in una società che non gestisce più un bel niente?


Luca Zaia e tutta la Lega continuano a ripetere che le autostrade del Nord sono gestite bene e che il Veneto paga le inefficienze e gli sprechi del Sud. Eppure in quanto a inefficienze, sprechi e gestioni opache il Veneto è tutt’altro che immune. Alcune recenti indagini della magistratura e alcuni processi che hanno riguardato il sistema degli appalti legati alle infrastrutture regionali, tra cui proprio la Venezia – Padova con tanto di condanne e sentenze passate in giudicato. Agitare la bandierina del campanile può far colpo sui distratti, ma non cambia la realtà. Oltre tutto stiamo parlando di strutture che producono poltrone, con consigli di amministrazione che nel recente passato sono arrivati fino a 20 membri, praticamente delle assemblee. Senza contare che le società concessionarie in mano agli enti pubblici proliferano una pletora di società partecipate di dubbia utilità e che spesso causano consistenti perdite di esercizio.


Un sistema che giova a molti, ma di sicuro non agli utenti delle autostrade. Che siano imprese di trasporto, pendolari o turisti, loro pagano i costi non del servizio, ma delle aziende di gestione che, ripeto, sono quasi tutte pubbliche. Al contrario, dovrebbe essere il mercato a selezionare l’operatore in grado di offrire il servizio qualitativamente più alto al costo più basso.

Inoltre, l’estrema frammentazione del sistema, combinata con il regime delle concessioni, sta mostrando oggi tutti i suoi limiti. In Veneto ci sono 5 gestori per meno di 500 chilometri di autostrade. Un sistema che non permette economie di scala e rende impossibile la programmazione unitaria degli investimenti. Fra l’altro ci troviamo di fronte a gestori pubblici, come nel caso della Brescia-Padova, del Cav, di Autostrade del Brennero e di Autovie Venete e gestori privati quali Autostrade per l’Italia. Ognuno di questi ha esigenze differenti, come si vede chiaramente dalle richieste di adeguamento dei pedaggi.


Proprio i pedaggi sono in questi giorni al centro dell’attenzione pubblica. Sulla Padova Mestre, 18 chilometri in tutto, dal 1 gennaio 2014, il pedaggio è aumentato del 350 per cento, passando da 0,80 centesimi a 2,80 euro. E’ poco credibile, al riguardo che il presidente Zaia e l’assessore ai trasporti Renato Chisso non sapessero come si sarebbe evoluta la vicenda dei pedaggi. Perché è chiaro che la concessione di 24 anni sul Passante è anomala, in quanto singolarmente corta. Se è possibile ottenere concessioni fino a 50 anni, perché la Regione ha accettato un piano di ammortamento della durata inferiore alla metà? Fra l’altro con l’Anas che bussa alle porte per chiedere la restituzione dei fondi messi per la costruzione, come pattuito. Stiamo parlando di 350 milioni di euro già versati e di altri 700 milioni di euro da reperire a breve. Le oggettive difficoltà a recuperare in fretta questi fondi costringono il gestore a operare gli aumenti sui pedaggi, cioè a tassare imprese, lavoratori e famiglie. L’anno scorso il Passante è aumentato del 13,55%, quest’anno del 6,26% e la Padova Dolo del 350%. Se Zaia e Chisso non erano a conoscenza di questa situazione è meglio che cambino mestiere.

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